Lo incontrammo il 27 febbraio 2007 (ero con l'amico e collega Ferruccio Esibini), nei pressi di Carsoli (AQ), di
ritorno da una ciaspolata che effettuammo tra i Carseolani e i
Simbruini. Non resistemmo, fermammo la macchina, uscimmo e gli scattammo
alcune foto, dopo avergli chiesto il permesso di farlo. Sapemmo poi che
si chiama o che lo chiamano Badoglio, chissà perché. Era l'immagine
vivente di un mondo perduto, un mondo lento e così lontano, eppure
ancora presente intorno a noi, sebbene così rarefatto che è assai
difficile da scorgere. Stamattina casualmente, navigando su questo mare
straripante di cose che è internet, ho trovato una foto che lo ritrae,
nel 2011, ancora insieme al suo fido amico asinello (è la seconda foto sotto,
quella dove si vede con la bottiglia in mano).
Finché riuscirò ancora a
vedere queste scene, queste foto di un mondo antico e perduto, specchio
di un'esistenza rispettosa dei ritmi umani e di quelli di madre natura,
albergherà in me un briciolo di speranza per il futuro. Perché questi
ultimi testimoni di un tempo che non conosciamo più, possono ancora
insegnare, a noi e alle generazioni che verranno, com'è che si vive
rispettando l'equilibrio tra noi, madre terra, le risorse che questa ci
offre e le altre creature che la popolano. Senza neanche il bisogno di
parlare, è sufficiente osservarli in foto come queste:
Badoglio nei pressi di Carsoli (AQ), il 27 febbraio 2007 |
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Badoglio nel 2011 - Foto di Mauro Di Giovanni, che ringrazio per la gentile concessione |
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