mercoledì 14 ottobre 2020

Neopositivismo, continuità storica e sfide attuali

Proprio pochi giorni la visione di un video del periodo della Bella Époque ha indotto in me delle riflessioni sulle illusioni che scaturirono dopo l'avvento della seconda rivoluzione industriale, la caduta dell'assolutismo, il trionfo della borghesia divenuta classe dominante, la scienza e la tecnologia al servizio della stessa e protagoniste principali del nuovo paradigma avviato dallo stato di cose sopra descritto.

La giusta osservazione, oggi, di un mio amico, il quale su un post pubblicato sul suo profilo facebook osserva che cent'anni fa la situazione era non solo simile ma persino peggiore di quella attuale, per la concomitanza della pandemia dell'influenza spagnola e della Prima guerra mondiale, ha suscitato in me ulteriori riflessioni.
L'apertura del '900 fu una tragedia storica. Oggi con il senno di poi sappiamo che la Prima guerra mondiale sancì la drammatica fine dell'illusione fino ad allora imperante che con la seconda rivoluzione industriale si fosse inaugurata, per l'umanità, un'epoca di progresso e miglioramento universale delle condizioni di vita materiali e spirituali. Il positivismo, movimento culturale che esprimeva ed elaborava il sentimento di quel periodo, aveva creato e diffuso quella pia illusione. Con la Grande Guerra si aprì invece quel tragico '900 che avrebbe riservato all'umanità alcuni dei peggiori orrori della storia: l'Olocausto e la soluzione finale per l'annientamento del popolo ebraico, la guerra totale che non risparmiava nemmeno i civili, anzi li colpiva direttamente e su larga scala come mai accaduto in quelle proporzioni nelle altre epoche del passato, la potenza atomica utilizzata per fini bellici, con le prime due bombe atomiche sganciate sulla popolazione civile in Giappone. Oggi viene da chiedersi: "chissà gli storici e la storiografia del futuro cosa scriveranno e come interpreteranno invece i nostri tempi attuali".
Quello che mi viene spontaneo osservare, è che lo spirito del positivismo in realtà non è mai morto, ossia l'evoluzione socio-economica e strutturale è avvenuta, e continua ad avvenire, tutta all'interno del medesimo paradigma che ispirò la società di allora, quella scaturita dalla prima e soprattutto dalla seconda rivoluzione industriale, che è ancora la stessa di oggi (semmai si è ulteriormente evoluta attraverso quella terza rivoluzione industriale che ha ulteriormente raffinato la tecnologia di cui disponiamo oggi). Ma all'interno di questa continuità storica che tiene unite l'epoca del primo positivismo con quella attuale, viviamo oggi non soltanto le stesse contraddizioni di allora (figlie dell'illusione che la tecnologia e lo sviluppo della scienza esauriscano e portino a compimento tutte le aspirazioni umane), ma criticità prima sconosciute come quelle legate ai limiti delle risorse e dello sviluppo, alla sovrappopolazione e alla degradazione progressiva e inarrestabile degli ecosistemi e della biosfera in generale. La scienza e la tecnologia, pur artefici di indubbie conquiste e di un innegabile miglioramento delle condizioni di vita dell'uomo, continuano ad essere al servizio esclusivo delle forze che sono espressione del paradigma attuale, incentrato sul concetto di sviluppo e di crescita "infinita" espressi dalla classe dominante, prima che del progresso umano generale in quanto tale, come già durante il primo positivismo figlio della seconda rivoluzione industriale. Il filo che lega queste due epoche ('800/900 e terzo millennio) non si è mai interrotto, si sono piuttosto aggiunte ulteriori criticità che complicano ulteriormente quella ricerca delle soluzioni adatte il cui scopo è quello di evitare alle società umane quel declino che potrebbe portarle a rivivere scenari che oggi riteniamo, in maniera fin troppo scontata, superati. Dobbiamo provare a trarre insegnamento dalla storia, per evitare almeno di ripetere errori evitabili. Ognuno di noi può provare a fare il suo per impedire quelle derive che sembrano profilarsi all'orizzonte, anche se le dinamiche che avvengono al vertice della piramide decisionale che governa il mondo, schiaccia ogni tentativo di avviare una fase nuova. Fase già piuttosto difficile da avviare di suo, per la confusione che regna anche alla base, confusione non casuale ma funzionale e ben orchestrata e alimentata dalle forze conservatrici che guidano il mondo. Saremo capaci di affrontare le sfide che l'epoca attuale ci pone innanzi? Avremo la capacità di individuare, con ragionevole chiarezza, l'origine e la natura delle forze che agiscono nel substrato sociale e che agitano le coscienze degli individui delle società umane contemporanee, per indirizzarle verso esiti stabiliti o comunque funzionali agli obiettivi che le forze stesse della conservazione si sono prefisse?
 
 


domenica 19 luglio 2020

Il bombardamento di Roma del 19 luglio 1943 e l'attività di soccorso dei vigili del fuoco

Il link per ascoltare la registrazione della puntata di Radio Giano dedicata al primo bombardamento di Roma del 19 luglio 1943, con il mio intervento dedicato all'attività di soccorso alla popolazione svolta dai vigili del fuoco:

19 luglio 1943-2020: Roma bombardata. Il contributo dei vigili del fuoco nel soccorso della popolazione

domenica 14 giugno 2020

Registrazione della mia intervista dedicata alle criticità e alle potenzialità dell'area del Parco di Centocelle

Nel link che segue la mia intervista, andata in onda e registrata su Radio Giano, dedicata all'area del Parco di Centocelle: progetti non realizzati, cronaca recente, criticità e potenzialità.

sabato 2 maggio 2020

La storia della fabbrica Snia Viscosa di via Prenestina e l’attività di censimento e monitoraggio dei valori naturalistici dell’area

Per ascoltare la registrazione con il mio intervento di oggi durante la trasmissione di Radio Giano dedicata al Lago Bullicante e alla storia della fabbrica Snia Viscosa di via Prenestina, si può cliccare su uno dei link che seguono:




Il Lago Bullicante e lo scheletro del centro commerciale

mercoledì 22 aprile 2020

Coronavirus e Covid-2019: laboratorio artificiale o salto di specie?

I mercati asiatici dove vengono uccisi animali selvatici vivi, sono i luoghi dove avvengono i cosiddetti salti di specie di virus altrimenti endemici dei luoghi e delle specie animali che un tempo non subivano la stessa imponente pressione antropica di questi nostri tempi. I virus cercano dei veicoli per riprodursi e all'interno dei quali transitare per diffondersi, e sotto questo punto di vista gli 8 miliardi di individui che siamo rappresentano per loro l'occasione evolutiva e l'incubatrice biologica infinitamente più vantaggiosa rispetto alle poche migliaia di individui di pipistrelli (mammiferi come noi, quindi il salto di specie è anche più facile), o altre specie animali, che fino a ieri ne erano stati lo strumento principale di dimora e diffusione. Non occorre scomodare fantomatiche creazioni di virus artificiali in laboratorio, in quanto il laboratorio naturale degli stessi sono quegli ecosistemi ai quali un tempo eravamo estranei e che oggi abbiamo invaso offrendo ai virus l'occasione mai avuta prima di abbandonare le poche ed incerte migliaia di specie animali per infettare i miliardi di uomini che trovano praticamente ovunque e che si spostano ovunque a velocità illimitata. Queste considerazioni finiscono per evocare il concetto logico del rasoio di Ockam. È più facile evocare la spiegazione del virus artificiale creato appositamente in un laboratorio cinese, o è più facile che il laboratorio stesso sia quello naturale che abbiamo invaso noi offrendo al virus la possibilità di fare il salto che in natura ogni entità biologica fa, cercando la strada più favorevole alla propria riproduzione evolutiva? Io tra le due possibilità, non ho dubbi. 
Il laboratorio è il mercato stesso, dove vi è quella promiscuità e quel contatto continuo che un tempo non c'erano: l'uomo e gli animali selvatici con tutto il loro carico di virus endemici. La macellazione continua di questi animali, peraltro senza alcuna norma né protezione, prima o poi rende oggettivo il salto di specie. Il virus muta continuamente e sviluppa le strategie evolutive a lui più favorevoli. Dopo x tentativi, la mutazione (all'interno dell'organismo umano) è avvenuta e il salto di specie è fatto. Ora il virus ha a disposizione non più soltanto poche migliaia, peraltro confinate in un'area circoscritta, ma miliardi di individui da infettare in tutto il mondo, in ogni luogo e in ogni spazio. È la strategia evolutiva di ogni organismo od entità biologica, quella di sfruttare la possibilità migliore per la sua affermazione, evoluzione e riproduzione. Niente di nuovo, ce l'ha detto Darwin, ce lo dicono la selezione naturale, l'ecologia, la biologia. Cioè la scienza.
È giusto tener conto delle opinioni di ognuno, soprattutto di chi può esprimerle da posizione autorevole. Ma teniamo anche conto del fatto che nella scienza le opinioni se non sono suffragate da dati oggettivi, riscontri sperimentali e ripetibilità dei risultati, restano opinioni senza alcun valore oggettivo. In questo senso qui la scienza, o meglio il metodo scientifico (che dobbiamo principalmente ad un nostro illustre connazionale, Galileo) è la migliore garanzia che abbiamo sulla veridicità o meno delle opinioni e delle ipotesi scientifiche, che possono essere verificate e falsificate dalla vasta comunità scientifica internazionale.

Quarantena, tempo sospeso e fuga dal mondo

La lettura dell'articolo che segue induce delle riflessioni e la necessità di elaborare razionalmente il vissuto di questo tempo sospeso. 


Tra gli effetti collaterali, imprevedibili, della situazione che stiamo vivendo, c'è anche questo: sono in molti ad aver ricostruito la propria quotidianità, scandita ora da tempi lenti e senza le rigidità tipiche degli appuntamenti obbligati. Sono in molti a vivere la sensazione di aver improvvisamente recuperato il proprio tempo, da impiegare e gestire lentamente e senza ansie, riassaporando addirittura una strana sensazione di libertà perduta (per assurdo, ci si può sentire più liberi dentro quattro mura che vincolati ai doveri e rituali sociali non contrattabili della "normale" quotidianità). È un po' come quando, dopo le ferie estive, si deve tornare alla routine di tutti i giorni. C'è quell'iniziale difficoltà a riprendere il proprio posto nella frenetica arena della competizione e della corsa quotidiana alla produttività, al consumo, ai rituali imposti ad una collettività protesa verso un'omologante concezione e prassi del vivere, che non si può e non si deve mettere in discussione, pena la "scomunica" dalle magnifiche sorti e progressive dello stile di vita occidentale, che esalta valori che non è lecito discutere e ai quali sottrarsi è un'eresia. 
Per fare un parallelo storico apparentemente un pò forzato ma non del tutto peregrino, è un pò come la fuga dal mondo dei monaci laici che, a più ondate, caratterizzò le fasi più significative del Medioevo. Oggi la "fuga dal mondo" è stata imposta da questa emergenza, e alcuni hanno potuto assaporare il gusto imprevisto di un ritmo più lento e svincolato dagli imperativi e dai dogmi del "secolo". Quei monaci del Medioevo, provvidenzialmente, facevano sempre il loro ingresso nella storia nei momenti di crisi, per "rigenerare" la spiritualità, la società e la politica (che erano tutt'uno) del loro tempo. Riusciranno oggi, i nuovi "monaci" della forzata, imprevista e momentanea fuga dal "secolo", a rigenerare una società istericamente protesa all'esaltazione degli unici valori imposti, quelli della produzione, del consumo, dell'individualismo e del tecnologismo che tutto pervade e tutto assoggetta a sé? Ai posteri l'ardua sentenza, l'unica considerazione che possiamo fare è che occorre sempre guardare alle leggi (o potremmo dire alle "costanti") storiche, le quali dimostrano che i cambiamenti avvengono soltanto quando i tempi sono maturi, quando il terreno è stato loro preparato dalle "invisibili" forze dinamiche che agiscono nella storia, quando gli uomini sono pronti a recepire i cambiamenti, a farli propri e ad imporli alle sovrastrutture, facendone emergere la necessità a lungo repressa e sopita.
 

lunedì 13 aprile 2020

Le migrazioni: fenomeno costante di ogni epoca umana e motore dello sviluppo storico

Quello delle migrazioni è un tema spinoso, che evoca paure, conflitti e forti contrapposizioni politiche. Ma se proviamo ad affrontarlo con riflessioni pacate, sgomberando l'animo dalle passioni che scaturiscono dagli istinti di conservazione che il tema stesso evoca su ciascuno di noi, e gettiamo infine uno sguardo attento verso quello che ci mostra la storia, vediamo che essa, a riguardo, ci dice che non esiste epoca nella storia dell'uomo dove non vi siano state migrazioni, e che il costante afflusso di popolazioni e migranti se nel breve termine ha generato guerre e conflitti, nel medio-lungo termine ha rappresentato il motore stesso del progresso e dello sviluppo della civiltà umana, in ogni epoca. Infatti vediamo che, durante tutto l'arco storico, e persino dalla preistoria (ma è meglio ancora spingersi fino al tempo stesso in cui l'uomo è comparso sulla Terra), è stato tutto un susseguirsi incessante di migrazioni, senza interruzione di sorta. L'Homo sapiens (e ancora prima i suoi progenitori) si spostò dal continente africano e colonizzò Europa, Asia e resto della Pangea.
Nel secondo millennio avanti Cristo le popolazioni indoeuropee colonizzarono l'Europa e l'Italia, e quelle semite il Medioriente e l'Egitto. Durante l'Impero romano le popolazioni germaniche premettero incessantemente da est, e alla fine si riversarono entro i suoi confini, dando vita ai regni romano-barbarici e poi al regno Franco e al Sacro Romano Impero. Prima dell'anno mille continuarono ad affluire in Europa Avari, Slavi e Magiari (di stirpe mongola), che andarono poi a formare gli stati dell'Europa centrale ed orientale. Nel XIV e XV secolo i tedeschi si espandevano ad est e colonizzavano le regioni centro-orientali del continente. Tutta la storia non è altro che una successione continua di migrazioni e mescolamenti di genti (e di geni). Nel nostro meridione si sono mescolate, nello stesso periodo, genti bizantine, arabe, normanne, sveve e più tardi albanesi. Prima ancora c'erano stati i Longobardi di stirpe germanica che si erano insediati al nord e nei ducati di Spoleto e Benevento. In Inghilterra si sono fusi Celti, Angli, Sassoni, Vichinghi, Norvegesi, Danesi e Normanni. Niente e nessuno ha mai fermato le migrazioni di popoli e genti, forze dinamiche e costanti che hanno agito nella storia dispiegandosi di continuo ed agendo costantemente lungo il flusso dei secoli e dei millenni, concorrendo, insieme ai conflitti e le guerre, a caratterizzare ogni epoca dello sviluppo delle società umane. I momenti in cui le civiltà hanno prosperato di più, è quando al loro interno si sono fuse tra loro le popolazioni più diverse, come nella Sicilia normanna di Ruggero II d'Altavilla e in quella appena successiva di Federico II di Svevia, dove si erano fuse e vivevano insieme le culture e le popolazioni arabe, musulmane, cristiane, normanne, germaniche e ovviamente quelle autoctone dell'isola. Lo stesso era accaduto durante l'Impero romano, che all'apice della sua potenza aveva al suo vertice imperatori spagnoli (Traiano) e arabi (Filippo l'Arabo) che regnavano su un Orbe il cui centro nevralgico era nel bacino del Mediterraneo, dove sotto la guida dello stesso influsso universale operavano le forze scaturite da popolazioni romane, greche, egiziane, nordafricane, mediorientali e germaniche. Anche gli Stati Uniti sono diventati una potenza mondiale grazie all'apporto e al contributo delle più disparate popolazioni d'Europa, del sud America e dell'Africa, che condividono gli stessi principi e valori e si riconoscono nella stessa idea di patria, sotto la stessa bandiera.

La vita dei singoli uomini è breve, e non permette loro di osservare l'azione lunga delle forze dinamiche che agiscono incisivamente lungo tutto il corso della storia. E tali forze sono state e sono ancora continuamente alimentate dall'apporto continuo e dallo spostamento incessante di popoli e genti che migrano e si mescolano con quelle delle terre che di volta in volta attraggono i flussi migratori. Al contrario, quando le civiltà si sono chiuse ermeticamente in sé stesse, chiudendosi ad ogni influsso nuovo e cristalizzando l'esistente rendendolo impermeabile ad ogni apporto culturale esterno, come ad esempio l'Egitto prima della conquista macedone, le civiltà hanno perso energia, forza e alla fine si sono spente, finendo per essere conquistate da popolazioni più energiche e giovani.
Quale insegnamento possiamo quindi trarre da tutto ciò, se davvero la storia può insegnarci qualcosa? Che l'integrazione e la fusione che scaturisce dai processi migratori è non soltanto possibile, ma è persino il motore stesso dello sviluppo storico e del progresso che ne deriva. Che i conflitti che da questi processi scaturiscono nel breve termine, non cambiano le sorti e gli esiti mostrati dagli effetti prodotti nella storia sul medio-lungo termine. Nel breve si inaspriscono i rapporti umani e aumentano spesso la violenza, la sofferenza e le morti. Ma le civiltà più progredite e feconde di un'energia ancora viva, alla fine assorbono e si impongono sempre su quelle in partenza meno evolute, attraverso un processo di assimilazione spontanea e priva di scosse violente (la fase violenta è all'inizio, nel momento in cui le migrazioni arrivano. L'assimilazione è una fase più lenta, ma comunque rapida rispetto ai tempi lunghi della storia, e comunque è una fase spontanea e sostanzialmente non violenta, anche quando sussistono conflitti residui contingenti).
Tra qualche generazione i conflitti attuali provocati dai processi migratori di questa nostra fase storica, saranno soltanto un ricordo, perché nel frattempo sarà nata una società nuova dove i figli dei migranti di oggi avranno assorbito e assimilato i valori della civiltà che aveva attratto e dove erano approdati i loro genitori, ed opereranno spontaneamente all'interno della stessa per accrescerne potenza, influenza e gloria, com'è accaduto in ogni altra epoca della storia, in rapporto dialettico con le altre civiltà del pianeta, oggi più che mai collegate da una rete di relazioni fitta ed intricata, in analogia con le sinapsi di un sistema neurale che concorrono tutte insieme allo sviluppo e ai processi dinamici dell'organismo che governano.